TRANSEX A GENOVA

Il TRANSEX GENOVA

Parlare della storia dei TRANSEX a Genova significa attraversare uno dei capitoli più complessi, intensi e meno raccontati della vita sociale italiana del Novecento. Non si tratta soltanto di una vicenda legata all’identità di genere o all’espressione individuale, ma di una vera e propria storia urbana, intrecciata con la povertà, la marginalità, la prostituzione, la musica d’autore e la cultura popolare che ha reso Genova una città unica nel panorama europeo.

Nel secondo dopoguerra, Genova era una città ferita ma viva. Il porto, i cantieri, i vicoli stretti dei caruggi costituivano un microcosmo sociale in cui convivevano marinai, lavoratori, prostitute, contrabbandieri, artisti e persone che vivevano fuori dalle norme dominanti. È in questo contesto che prende forma una presenza silenziosa ma costante: quella dei TRANSEX genovesi, uomini che indossavano abiti femminili e costruivano una propria identità in una società che non aveva ancora gli strumenti linguistici e culturali per comprenderli.

Genova e i caruggi: lo spazio della marginalità

I caruggi di Genova TRANSEX non erano semplicemente strade strette del centro storico: erano spazi sociali autonomi, con regole proprie, lontani dallo sguardo borghese e dal controllo istituzionale. In queste vie, come Via del Campo, Vico Untoria, Piazza della Raibetta o Pré, si concentravano attività considerate “indecenti” o “immorali”, ma che costituivano una vera economia di sopravvivenza.

Qui i TRANSEX trovavano una relativa tolleranza. Non perché fossero accettati nel senso moderno del termine, ma perché la marginalità proteggeva la marginalità. Nei caruggi, essere diversi non era un’eccezione, ma una condizione diffusa. Il essere TRANSEX A GENOVA diventava così una forma di esistenza possibile, seppur fragile e costantemente esposta alla violenza, alla repressione e allo stigma.

Transex, identità e sopravvivenza

È importante chiarire che, negli anni Cinquanta e Sessanta, il termine TRANSEX non coincideva con le categorie contemporanee di identità di genere. Molti di questi uomini non si definivano né donne né uomini nel senso moderno, ma vivevano una dimensione fluida, spesso legata alla necessità economica e alla costruzione di una identità alternativa alla miseria e all’emarginazione.

Per alcuni, indossare abiti femminili significava entrare nel mondo della prostituzione TRANSEX, una delle poche attività in cui la loro diversità poteva trasformarsi in una risorsa, seppur pericolosa. Per altri era una scelta identitaria profonda, vissuta anche all’interno di spazi privati, lontano dalla strada e dal giudizio pubblico.

In ogni caso, la vita dei travestiti genovesi era segnata da una costante precarietà: violenze fisiche, arresti arbitrari, umiliazioni pubbliche, ma anche momenti di solidarietà, amicizia e costruzione di micro-comunità che permettevano di resistere.

Lisetta Carmi e la documentazione storica

La storia dei TRANSEX a Genova sarebbe probabilmente rimasta invisibile se non fosse stato per il lavoro della fotografa Lisetta Carmi. A partire dal 1965, Carmi entrò in contatto con una comunità di TRANSEX genovesi e iniziò a documentarne la vita quotidiana con uno sguardo radicalmente nuovo per l’epoca.

Il suo lavoro non aveva intenti voyeuristici né moralistici. Al contrario, Carmi si avvicinò a queste persone come esseri umani, restituendo loro dignità, complessità e individualità. Il volume I travestiti, pubblicato nel 1972, rappresentò uno shock culturale per l’Italia del tempo e rimane ancora oggi una delle testimonianze più potenti sulla vita queer nel dopoguerra.

Le immagini mostrano corpi, sguardi, interni domestici, momenti di intimità che smentiscono la narrazione dominante del travestito come caricatura o devianza. Carmi dimostrò che dietro ogni abito c’era una storia, un nome, un dolore, un desiderio di riconoscimento.

Fabrizio De André e la Genova degli esclusi GENOVA TRANSEX

È impossibile raccontare questa Genova senza parlare di Fabrizio De André. Anche se De André non scrisse mai canzoni esplicitamente dedicate ai TRANSEX DI GENOVA, il suo universo poetico è profondamente intrecciato con le stesse figure umane che popolavano i caruggi.

De André cantò prostitute, ladri, emarginati, perdenti, figure che la società borghese preferiva ignorare. In brani come Via del Campo, la strada diventa metafora di un’umanità dolente ma autentica, in cui la bellezza nasce proprio dove il potere vede solo degrado.

Il legame tra De André e questo mondo non è teorico. Il cantautore frequentava realmente quei quartieri, li osservava, li ascoltava. Le sue canzoni non parlano “di” Genova dall’esterno, ma nascono “dentro” Genova. È in questo senso che la presenza dei travestiti nei caruggi entra indirettamente nella sua opera: come parte di un’umanità non conforme che merita rispetto, non giudizio.

Morena, la Graziosa e le figure simbolo TRANSEX GE

All’interno della comunità dei TRANSEX genovesi emersero figure diventate quasi leggendarie. Personaggi come Morena o la Graziosa incarnavano una forma di carisma popolare, riconosciuta sia all’interno dei caruggi sia da artisti e intellettuali dell’epoca.

Queste figure non erano semplici “personaggi folkloristici”, ma nodi di relazioni sociali, capaci di muoversi tra mondi diversi: strada, casa, porto, ambienti artistici. In un certo senso, rappresentavano un ponte tra la Genova invisibile e quella raccontata dalla musica, dalla fotografia e dalla letteratura.

Repressione, controllo e violenza istituzionale

Accanto alla relativa tolleranza dei caruggi, esisteva una forte repressione istituzionale. I travestiti erano frequentemente fermati, schedati, arrestati per “atti contrari alla pubblica decenza”. Le leggi dell’epoca non contemplavano alcuna forma di tutela per l’identità di genere o l’espressione personale.

La violenza non era solo fisica, ma anche simbolica. Essere ridotti a oggetti di scherno, patologizzati, criminalizzati contribuiva a una marginalizzazione profonda che spesso portava a isolamento, povertà estrema e autodistruzione.

Declino e trasformazione del fenomeno GENOVA TRANSEX

A partire dagli anni Ottanta, il mondo raccontato da Carmi e vissuto da De André iniziň a trasformarsi. La gentrificazione del centro storico, il mutamento delle economie urbane e l’emergere di nuove categorie identitarie cambiarono radicalmente il contesto.

Il travestitismo TRANSEX come pratica visibile nei caruggi diminuì, sostituito da nuove forme di identità transgender, da un diverso linguaggio politico e da spazi di socialità differenti. Tuttavia, la memoria di quel periodo rimane fondamentale per comprendere l’evoluzione delle lotte per il riconoscimento e la dignità.cosa che riporta anche il sito qui TRANSEX GENOVA

Un’eredità culturale ancora viva

Oggi, la storia dei TRANSEX a Genova è oggetto di riscoperta culturale. Mostre, libri, documentari e studi storici stanno riportando alla luce una memoria rimossa, restituendo voce a chi è stato per troppo tempo cancellato.

Rileggere Fabrizio De André alla luce di questa storia significa cogliere la profondità del suo sguardo vedendoGENOVATRANSEX : non un semplice cantautore, ma un testimone poetico di un mondo che esisteva ai margini e che oggi rischia di essere dimenticato.

Conclusione

La vicenda dei travestiti genovesi non è una curiosità del passato, ma una chiave di lettura per comprendere come le società costruiscono normalità ed esclusione. Nei caruggi di Genova, tra povertà e solidarietà, queste persone hanno vissuto, amato, sofferto e resistito, lasciando un’impronta silenziosa ma indelebile nella storia della città.

Raccontare questa storia oggi significa riconoscere che l’identità non è mai stata una linea retta, ma un territorio complesso, abitato da esseri umani reali. Ed è proprio in questa complessità che Genova, con la sua musica, la sua fotografia e le sue strade, continua a parlare di GE TRANSEX